.

.

 

Juveteca -Anno III (2006)

 

Indietro

 

STILE JUVENTUS.16

La Juventus e la FIAT : visita agli stabilimenti nel 1964.

Nella foto si riconoscono Amaral,Sarti,Stacchini e Del Sol.

 All'inizio, quando è stata fondata nel 1899 dal senatore Giovanni Agnelli, si chiamava "Società italiana per la costruzione e il commercio delle automobili", denomina­zione dalla quale nacque la "Fabbrica Italiana Automobili Torino", cioè la Fiat. E' il colosso della nostra industria e per molti anni, fino a quando non c'è il stato il passaggio delle azioni all'Ifil (1997), ha annoverato tra le sue molteplici attività parallele (metallurgia, componentistica, turismo, editoria, biochimica) anche la Juventus. Non a caso, viene abituale considerare la società bianconera uno dei "giocattoli di Famiglia", assieme alla Ferrari, ereditata dall'ingegner Enzo, il Drake, molti anni fa.

Ma la Juventus è una passione più antica. II 24 luglio del 1923, per la cronaca e per la storia, è il giorno in cui l'assemblea straordinaria dei soci elegge Edoardo Agnelli alla presidenza del club. Da allora, il matrimonio è stato felice e indissolubile, segnato da molti trionfi e cadenzato da autentiche svolte. Esempio lampante è stato Bruna, terzino sinistro alla domenica e operaio specializzato per il resto della settimana. Siccome era bravo e siccome la Juventus aveva bisogno di lui, fu lo stesso senatore Agnelli ad accordargli un permesso particolare affinché non saltasse neppure un allenamento. L'episodio, ormai vecchio e circoscritto, è comunque indicativo del legame solidissimo che fin da subito ha unito la famiglia più potente del capitalismo italiano alla squadra più blasonata. La Fiat ha speso soldi per i bianconeri: magari oggi certe cifre fanno sorridere, ma le mille lire al mese del 1923, con un posto di contabile in un'azienda dell'indotto, offerte a Rosetta equivalgono a molti miliardi del Terzo Millen­nio. Oppure l'ingaggio di Orsi, anno 1928: dunque, 8.000 lire al mese, più una Fiat 509, più 100.000 lire di premio. Soldoni.

La Fiat, già. Gli agganci dell'industria piemontese all'Est hanno consentito agli Agnelli di abbattere il Muro con i Paesi dell'ex area sovietica molto prima che lo facesse la storia. Zibì Boniek, tanto per citare un caso famoso, venne strappato alla Polonia e alla concorrenza della Roma grazie alla potenza della Fiat, che aveva impianti e interessi oltre cortina. E lo stesso, forse ancora di più, valse per Alexander "Sacha" Zavarov, il primo russo a sbarcare a Torino quando si parlava appena di glasnost e perestrojka. Anche in quel caso, sfruttando le entrature nella nomeklatura sovietica e i rapporti privilegiati con Gorbaciov, la Juventus ottenne subito ciò che gli altri ebbero dopo.

Fiat e Juventus si sono svincolate l'una dall'altra non per un improvviso disinnamoramento ma per un atto di conve­nienza operativa. L'Ifil, del resto, è sempre in mano agli Agnelli. Ma tra la fine degli anni Ottanta e l'inizio degli anni Novanta, l'esacerbarsi di situazioni delicate consigliò un progressivo disimpegno. L'acquisto di Gianluca Vialli dalla Sampdoria suscitò più di una protesta da parte di alcuni azionisti di minoranza, protagonisti di autentici show durante le Assemblee, mentre Fabrizio Ravanelli si vide al centro di una dura contestazione da parte degli operai che lo notarono transitare in macchina vicino ai cancelli di Mirafiori nel mezzo di un corteo. Ora non ci sono punti di contatto diretto tra la Fiat e la Juventus, anche se per la tradizione popolare e per gli avversari più avvelenati, niente è mutato rispetto a quando la squadra bianconera finiva a bilancio della holding torinese.          

  

<<torna al nuovo articolo>>

                                                                    

 

 

 

 

 

 

.

..

 

 

 

 

 

 
 

JuveClub

G.Boniperti