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Juveteca -Anno II (2004)

 

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I PROTAGONISTI DEL SECOLO BIANCONERO.19

Platini,Boniek e superitaliani: tre finali consecutive di Coppa(83-84-85),pur con la delusione dell’incredibile sconfitta nel 1983 ad Atene contro l’Amburgo

 

                                       

 

Tre finali europee consecutive: alla Juventus non era mai accaduto prima dell'avvento di Michel Platini e Zbigniew Boniek, in aggiunta ai sei campioni del Mondo - Zoff, Scirea, Gentile, Cabrini, Tardelli e Rossi oltre a Bettega, assente al Mondiale per i postumi di un terribile incidente al ginocchio sinistro. ln tre stagioni ruggenti,la Juve ha imperversato in Europa come non le era mai riuscito in passato. Aveva conquistato, in versione tutta italiana, Ia Coppa Uefa, ma continuava a collezionare eliminazioni nella competizione più bella e prestigiosa:prima dello sbarco a Torino dei capitani di Francia e Polonia, era uscita ad opera dell'Anderlecht, negli ottavi di finale. Errori e sfortuna, sfortuna ed errori, non esclusa qualche svista arbitrale: era il copione di ogni stagione.

 

 D'improvviso, ecco la luce: da un lato, la classe di un artista del calcio, di uno dei campioni indimenticabili, Platini; dall'altro lato, la potenza di un genio senza ruolo, un po' centrocampista ed un po' attaccante,magari di non agevole collocazione tattica (Trapattoni ne sa qualcosa), ma capace di volate irresistibili, di assist spiazzanti (per gli avversari), Boniek. Nati per giocare insieme, l'uno sapeva esaltare l'altro, e se Platini ha riscosso più consensi, sarebbe ingeneroso ridurre il contributo di Boniek alla causa. Sensazionale, quasi unico, il feeling tra i due. Evento raro tra fuoriclasse, diventarono amici.

 

Quella Juve. Trapattoniana, di vocazione italianista, ma ricca di talento e determinazione. Implacabile a Torino,dove ha costruito le qualificazioni. Spietata in trasferta,dove ha realizzato colpi entrati nella storia, come il 2-1 di Birmingham, nel marzo del 1983, a Villa Park, nella tana dell'Aston Villa che era campione d'Europa. Rossi in gol dopo cinquanta secondi, Boniek nel finale dopo che i furenti assalti avevano portato al pareggio il futuro barese Cowans. Quella Juve. Imbattuta alla finale di Atene, destinata nell'immaginario popolare a sbranare l'Amburgo. E invece soggiogata dai tedeschi, per una volta accorti ed astuti come gli italiani, telecomandati da Happel, 1-0 e fine del sogno. Ma resta quella Coppa dei Campioni giocata con il piglio delle grandi squadre. E resta anche il dopo: ovvero la Coppa delle Coppe, sfilata al Porto nella notte di Basilea, in uno stadio troppo piccolo per contenere l'Italia bianconera, con Boniek ancora protagonista assoluto. E resta la Coppa dei Campioni dell'Heysel, nella notte più dolorosa della storia juventina. Anche allora, decisive le devastanti accelerazioni di Boniek di fronte agli inglesi che lo avevano già sofferto nella finale della Supercoppa europea a Torino, nel Comunale coperto di neve.

 

Arrivare a Bruxelles era stato difficile perché la squadra era incappata in un campionato mediocre: se non avesse battuto il Liverpool, vincitore un anno prima all'olimpico ai rigori contro la Roma, sarebbe stata esclusa dalle coppe nelle stagione successiva! Quella Juve. Non soltanto Platini e Boniek, certo. Vinto il titolo mondiale, gli azzurri si esaltavano soprattutto nei mercoledì europei. Poi, i mutamenti del mercato li portarono altrove: Gentile alla Fiorentina, poi Boniek alla Roma, Tardelli all'lnter.

Altre sfide, altre strade. Occorrerà un decennio per rivedere la Juve ai massimi livelli continentali,

con Marcello Lippi in panchina e i campioni dell'ultimo ciclo vincente, simboleggiati da Gianluca Vialli ed Alessandro Del Piero. Un'altra squadra, dal pressing asfissiante e dall'appetito feroce.

 

 

 

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